Oggi le terapie hanno rivoluzionato il quadro, ma serve diagnosi precoce
Roma, 3 ott. (askanews) – Aurora ha 6 anni e parla, ride, mangia da sola. Antonio ne ha uno e si alza in piedi, sfoglia i primi libri. Sono gesti quotidiani e apparentemente semplici, ma straordinari se si pensa che hanno la SMA1, la forma più grave di atrofia muscolare spinale, una patologia genetica rara che indebolisce progressivamente i muscoli rendendo difficili gesti quotidiani come sedersi e stare in piedi, nei casi più gravi deglutire e respirare. Due storie impensabili fino a qualche anno fa e oggi incredibilmente possibili grazie ai progressi della scienza e delle terapie.Sono loro i piccoli protagonisti del cortometraggio “Hai mai visto un unicorno?”, prodotto da Famiglie SMA, Osservatorio Malattie Rare (OMaR) e GoGo Frames. Un documentario che è stata l’occasione per guardare al futuro della patologia durante un confronto tra clinici e rappresentati istituzionali durante un evento realizzato da Famiglie SMA e OMaR – Osservatorio Malattie Rare con il contributo non condizionante di Novartis e il patrocinio dei Centri Clinici NeMO.La diagnosi tempestiva è infatti al momento l’arma più importante per contrastare l’atrofia muscolare spinale e si realizza grazie allo screening neonatale: un test genetico che individua nel bambino appena nato la presenza della SMA, permettendo di intervenire prima che si manifestino i sintomi e si verifichino i danni gravi e irreversibili tipici della patologia.Era il 2019 quando è iniziato il primo progetto pilota di Screening e il 2021 quando il Gruppo di lavoro presso il Ministero della Salute ha dato il suo parere positivo per estenderlo in tutta Italia. Ad oggi manca però ancora il decreto per rendere questo diritto effettivo per tutti i nuovi nati del nostro Paese ed è al momento garantito solo in sette Regioni. “Un colpevole ritardo normativo che crea gravissime disuguaglianze”, ha detto Francesco Saverio Mennini, professore di Economia Politica ed Economia Sanitaria presso l’Università di Roma Tor Vergata.Gli enormi progressi delle terapie per la SMA hanno consentito negli ultimi sei anni di assistere a una vera e propria “rivoluzione copernicana” che ha cambiato radicalmente la prospettiva dei pazienti e delle loro famiglie, ha sottolineato Marika Pane, professoressa Associata di Neuropsichiatria infantile all’Università Cattolica e Direttrice del Centro Clinico Nemo Pediatrico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. “Indipendentemente dall’approccio terapeutico – ha spiegato Pane – i dati oggi disponibili indicano in maniera incontrovertibile che quanto più precocemente si interviene con i trattamenti, tanto maggiore è la loro efficacia. Se le terapie sono somministrate prima della comparsa dei sintomi, come avviene con una diagnosi precoce grazie allo screening neonatale, i bambini riescono a compiere le stesse tappe di sviluppo motorio dei loro coetanei sani”.Se fino al 2017 non esistevano terapie per l’atrofia muscolare spinale, oggi grazie al progresso della scienza si hanno diverse opzioni, tra cui quella genica, che interviene direttamente sul difetto genetico con un’unica somministrazione. È la terapia dei protagonisti del documentario, Antonio e Aurora, la stessa di cui ad oggi in Italia hanno usufruito 110 bambini.