All’Arcadia Casa d’Aste – Palazzo Celsi – Corso Vittorio Emanuele II, 18
Roma, 17 feb. (askanews) – “La pittura è semplicemente sindone, impressione dell’uomo interno scoperto, trasudante, carico di quel liquido che è il suo vivere, il suo trascorrere, la sua memoria di ogni cosa dell’universo”. Con queste parole Toti Scialoja descriveva il senso del suo dipingere. Un senso che si ritrova tutto nella esposizione che si tiene dal 20 al 23 febbraio, ad Arcadia Casa d’Aste, a Roma (Palazzo Celsi – Corso Vittorio Emanuele II, 18) in collaborazione con la Fondazione Toti Scialoja.
“Senso della mostra è riportare l’attenzione del pubblico sull’ultimo periodo della produzione artistica di Scialoja, un periodo intenso, felice, assolutamente contemporaneo, in cui si ritrova tutta la forza, la corporeità, dell’astrattismo materico che ha caratterizzato la sua arte”, spiega il presidente della Fondazione Toti Scialoja, Arnaldo Colasanti. “E per questo la mostra si intitola il ‘Segno di Scialoja’. Nelle ventuno opere esposte si ritrova il senso più profondo del suo dipingere, in cui, come ha affermato il Maestro: ‘Ogni pennellata possiede in sé la forza del germe e la forza della chiusura, la forza dell’alba e della notte, la forza dell’animo, dell’eterno ritorno su sé stessi’”.
Fabrizio d’Amico, tra le figure più importanti della critica d’Arte tra gli anni sessanta e ottanta, ebbe a dire: “Soprattutto nelle opere realizzate dopo l’ispirazione ricevuta guardando le pitture di Goya al Prado negli anni ottanta, si ha in Scialoja un vero ‘corpo a corpo’ con la tela, che viene assalita dipingendo a terra, con colpi di spalla, gomito, polso, realizzando una delle pitture più dinamiche e cariche di energia del novecento italiano”.
(Nella foto: Ostenda – 1986, vinilico su tela di canapa – 140×284 cm)